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lunedì 4 febbraio 2013

[Pillole] Dove nasce lo spreco e come ridurlo



Dove nasce lo spreco e come ridurlo
Frutta e ortaggi, buoni da mangiare, lasciati marcire sugli alberi oppure raccolti e poi scartati da trasportatori, aziende distributrici, mercati e, infine, da noi stessi che buttiamo in pattumiera quintali di cibo ancora edibile. Indaghiamo, con l'aiuto di alcuni esperti, le ragioni di questo enorme spreco, cercando insieme strategie per contenerlo. Per ragioni estetiche, perché fuori pezzatura, per costi di raccolta superiori ai ricavi e tante altre ragioni, nel 2009 sono rimaste sul campo poco più di 7 milioni e mezzo di tonnellate di ortofrutta, escluse uva da vino, olive da molitura e pomodoro da industria. l consumi nello stesso anno sono stati di 8,4 milioni di tonnellate, quindi la quantità sprecata sui campi è stata quasi pari a quella consumata. Ed è solo il primo anello della filiera agroalimentare.
Ma quand'è che un alimento deve considerarsi sprecato? "Sprecati - risponde Andrea Segrè, preside della facoltà di agraria di Bologna - sono gli alimenti che non vengono usati per ciò che sono stati prodotti ma che potrebbero ancora essere utilizzati a quello scopo. Sono beni che, pur essendo ancora perfettamente recuperabili dal punto di vista alimentare, escono dalla filiera prima del tempo e diventano rifiuti . Questo - come racconta Il libro nero dello spreco in Italia: il cibo a cura di Andrea Segrè e Luca Falasconi (Edizioni Ambiente 2011) - avviene, anche se in diversa misura, in tutti i segmenti della filiera agroalimentare: nei campi, come abbiamo appena visto, nell'industria, nella distribuzione all'ingrosso e al dettaglio, nel consumo finale, domestico e non. l punti deboli: il campo e la tavola Una recente indagine dell'Unione europea è arrivata alla conclusione che il 43% dello spreco avviene a livello domestico. Ma è un dato non esatto perché l'indagine non prendeva in esame l'intera filiera agroalimentare ma solo industria, distribuzione e consumo finale, lasciando fuori la produzione agricola. "Anche gli altri segmenti della filiera - commenta Segrè - danno il loro contributo: la distribuzione, l'industria, la ristorazione sprecano, ma meno, perché sono più efficienti, e hanno la funzione di vendere.
Si può invece ragionevolmente affermare che gli sprechi maggiori avvengono all'inizio, nel campo, e soprattutto alla fine della filiera, cioè tra le mura domestiche". Ma perché tanto spreco nelle case? "La ragione principale risponde Segrè - è che diamo poco valore al cibo in proporzione al reddito e questo ci porta magari a comperarne tanto e di scarsa qualità. Bisognerebbe dargli più importanza ed essere disposti a spendere di più per mangiare cibi di qualità, perché questo significa salute, ambiente, reddito per gli agricoltori". Nel biologico va meglio? "Lo spreco in campagna esiste anche nel biologico ma con percentuali non paragonabili al convenzionale". A dirlo è Franco Zecchinato della Cooperativa agricola El Tamiso che, tra l'altro, a Padova gestisce una piattaforma di vendita dei prodotti dei soci al Mercato ortofrutticolo. "Nelle aziende bio che forniscono la grande distribuzione o la ristorazione e che trattano grandi quantitativi - continua Zecchinato - sta penetrando la stessa logica del convenzionale: i prodotti con difetti estetici o di pezzatura non vengono ritirati. Chi invece opera soprattutto nelle filiere corte - vendita diretta, Gas. mercatini - può valorizzare il ruolo sociale del bio e riesce a vendere anche vegetali non perfetti. Ci sono poi molte produzioni nelle quali il costo principale è la mano d'opera. Così può succedere, anche nel biologico, che convenga lasciare i prodotti sul campo perché il loro prezzo di mercato è inferiore al costo della raccolta. Ai gruppi d'acquisto il premio anti-spreco La scelta di un insieme di qualità superiori, che è alla base del consumo di prodotti biologici mette chi la fa al riparo dallo spreco? Dipende molto dalla forma di compravendita che si sceglie. Paolo Rusconi è uno dei vicepresidenti di Aequos, una Cooperativa di Gas (Gruppi d'acquisto solidale), che acquista e distribuisce ogni settimana sei tonnellate di ortofrutta biologica a un migliaio di famiglie nelle città a nord di Milano. "Posso dire racconta - che quel che ordiniamo ai nostri produttori, proprio per l'assenza di intermediari, arriva interamente nelle case. Quanto agli sprechi domestici, tenderei a pensare che non ce ne siano, perché la programmazione dei consumi è un elemento centrale per far parte di un gruppo d'acquisto e questo di per sé riduce le occasioni di spreco. Non meno importante, poi, è la relazione che si instaura con i produttori: se hai un rapporto con loro è più difficile buttare quello che ti mandano". 

II Last minute market per ridurre i danni ambientali, sociali ed economici dello spreco alimentare.
Il professor Segrè, insieme ai suoi assistenti, ha invece inventato Last minute market (www.lastminuiemarket.st). "Si tratta - spiega - di un sistema con il quale si ritirano da produttori, distributori, supermercati, prodotti che non hanno più un valore commerciale ma che conservano integro il loro valore alimentare e si consegnano a istituzioni che provvedono a distribuirli a chi ne ha bisogno. Ma questo deve essere davvero un circuito a chilometro zero, altrimenti non può funzionare". Basta metterci un po' la testa... Molto si può fare, comunque, per ridurre gli sprechi in casa.
  • Preparare una lista della spesa dettagliata e ragionata delle cose che servono davvero.
  • Acquistare meno e, se si può, più spesso che una volta la settimana.
  • Cucinare subito gli alimenti deperibili tipo verdure e carne e, eventualmente, conservarli nel congelatore.
  • Imparare a cucinare gli avanzi.
  • Gestire le scadenze dei prodotti con buon senso. Se la dicitura che trovate sulla confezione è Entro il, il prodotto può essere consumato anche il giorno dopo, ma non oltre, se invece è Preferibilmente entro il (prodotti trasformati o conservati) si può andare avanti oltre la scadenza indicata (per un massimo di circa il 10% della durata media del prodotto) senza timori per la salute, semplicemente il prodotto sarà meno ricco di sostanze nutritive.


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