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lunedì 26 novembre 2012

[Pillole] QUELLE TONNELLATE DI CIBO SPRECATO DEVONO FARCI VERGOGNARE


QUELLE TONNELLATE DI CIBO SPRECATO DEVONO FARCI VERGOGNARE

Anche l'ltalia è tra i Paesi spreconi: nel 2010 sono stati buttati alimenti per 11 miliardi di euro.

Un terzo degli alimenti prodotti nel mondo ogni anno viene buttato. Siamo ossessionati dal superfluo. E per uscirne occorre ripensare la società, ritrovando i valori più veri.




Mentre con enorme fatica il Banco Alimentare, la Caritas, svariate associazioni di volontariato e l'Opera San Francesco cercano di inventarsi incontri e giornate per "portare a casa" (come dicevano i nostri vecchi) qualcosa da mettere sotto i denti, nel Libro Nero della FAO leggiamo che sprechiamo un terzo del cibo prodotto nel pianeta. Tanto per intenderci: circa 1,3 miliardi di tonnellate l'anno.
Solo in Italia, nel 2010, si sono bruciati oltre 11 miliardi di euro di prodotti alimentari ancora consumabili. Basti l'esempio della produzione agricola rimasta a marcire nei campi o sotto gli alberi: il 3,2 per cento dell'intera produzione.
Per andare, invece, in Europa, lo spreco è di circa 90 milioni di tonnellate, pari a circa 179 chilogrammi di cibo gettato pro capite.
Davanti a questi numeri lo sconcerto, per noi poveretti e gente che conta poco, è totale. Anche perché, in questo caso, non possiamo urlare contro i governi, i partiti mangiasoldi e brontolamenti vari. I 179 chili di cibo buttato pro capite ci inchiodano e umiliano. Siamo noi a fare questi disastri. Dovremo ringraziare la crisi se nei piatti lasceremo meno avanzi e se i carrelli negli ipermercati saranno meno strapieni? O, finalmente, la coscienza, il senso comune, l'educazione alimentare, i capricci meno accontentati, avranno il sopravvento? La visione distorta della società che si misura su quanto hai di superfluo, ossessionata più dall'avere che dall'essere (come scriveva ai tempi il sociologo tedesco Erich Fromm), procura squilibri mondiali sempre più drammatici ed economicamente inspiegabili. Passare dall'accumulo, dal bisogno di possedere alla ricerca di punti forti, essenziali, socialmente intelligenti e utili, non sarà facile. Siamo tutti noi che dobbiamo cambiare mentalità.
Il sociologo Zygmunt Bauman ha inventato la cosiddetta "società liquida". Noi, invece, la sentiamo già liquefatta, senza punti di riferimento, senza valori, senza quel minimo di solidarietà che dia significato allo stare insieme. Non vorrei, da ingenuo, che questi numeri fossero riferiti solo agli sprechi agroalimentari. Se a questi aggiungessimo sprechi di altro tipo, meno legati al pane e al piatto caldo, credo che lo sconcerto diverrebbe rivoluzione. Posso, per esempio, citare i due milioni e mezzo di euro che spendiamo ogni giorno per le missioni militari, totalmente inutili e causa di una cinquantina di morti? Per carità di politica non ne capisco niente, ma non credo che i nostri politici di politica ne capiscano più di me.

Articolo di Don Antonio Mazzi

martedì 20 novembre 2012

[Pillole] Lotus Birth: passaggio a questa vita, senza fretta


Lotus Birth: passaggio a questa vita, senza fretta



Da poche ore è nata Angelica, la bambina di nostri ospiti, che sono diventati cari amici. I genitori di Angelica hanno scelto di farla nascere con parto naturale in ospedale e con la “modalità” Lotus. Mi ha colpita e mi sono subito documentata. Della “nascita Lotus” percepisco il grande valore e  il rispetto che viene rivolto ad un esserino appena arrivato e che ha bisogno di tutte le attenzioni possibili.  Ho sentito il desiderio di pubblicare uno degli articoli che ho trovato attraverso i miei canali “social”, affinché più persone ne vengano a conoscenza.



Alla fine degli anni ’70 è stato coniato il termine Lotus Birth per indicare un metodo di parto che prevede di non recidere il cordone ombelicale e nel lasciare il bambino collegato alla placenta dopo il secondamento, fino al distacco spontaneo alcuni giorni dopo la nascita. Abbiamo intervistato Susanna Swapana Hinnawi dell'associazione Lotus Birth Italia, per avere una panoramica di questa pratica di nascita dolce e delle prospettive che essa apre sia nel mondo scientifico che culturale e sociale.

S&C - Anche nel nostro paese si sta diffondendo lentamente ma con costanza una pratica di nascita naturale che prende il nome di “Lotus Birth” e che è stata descritta nell'unico libro in assoluto oggi esistente sul tema e che è a cura di Shivam Rachana, Lotus Birth: il parto integrale. Ci potresti riassumere di cosa si tratta e qual è l'origine del suo nome?

S.H. - Come hai ben detto nella tua introduzione, Lotus Birth è la modalità di nascita nella quale non si recide il cordone ombelicale. Questo significa che il neonato per alcuni giorni resta collegato alla propria placenta fino al momento del distacco naturale. In genere, di media, occorrono 3-4 giorni. Il Lotus Birth parte da un semplice concetto, ovvero che la placenta sia un organo, una parte del bambino stesso. Se pensiamo che si è formata dalle stesse cellule che hanno formato il feto e che quindi ha lo stesso identico DNA del bambino, non possiamo non considerare che, per il neonato, la separazione da essa, e quindi da una parte di sé, sia una sorta di amputazione. La modalità di questa nascita rispetta la funzione di questo organo, che, quando il bambino vede la luce, è ancora vitale e si esaurirà piano, piano nel corso dei giorni successivi. Lasciare che il bambino riceva tutti i nutrienti e l’ossigeno del sangue che la placenta contiene, fino a trasfusione completa, non fa altro che rinforzare il suo sistema immunitario e, soprattutto, dà al bambino una buona garanzia di protezione cerebrale. La respirazione prosegue da due fonti, quella placentare e quella polmonare, fino alla completa stabilizzazione del sistema cardio-polmonare che alla nascita è ancora immaturo.
Osservare un bambino nel periodo del LB, conferma tangibilmente quanto questo processo sia fisiologico. Il distacco spontaneo del cordone ombelicale avviene nel giro di pochi giorni dopo la nascita e lascia un bellissimo bottoncino ombelicale, perfettamente chiuso. Potrebbe sorgere il dubbio che la placenta, a distanza di giorni, sia a rischio batterico, un ipotetico veicolo di infezioni…in realtà, essa si prosciuga seccandosi e non ha mai generato alcun tipo di sintomatologia infettiva. A dire il vero, è molto più rischiosa la recisione del funicolo ombelicale che lascia una ferita aperta e che richiede medicazioni. La modalità di non recidere il cordone alla nascita sembra sia stata praticata anche dai primi pionieri americani che ha prodotto una generazione di persone forti, sane e molto longeve. 
È stato solo alla fine degli anni ’70 che la pratica ha preso il nome dall’americana Clair Lotus Day che l’ha voluta per il proprio bambino. Clair, in grado di vedere l’aura (campo energetico) delle persone, aveva visto i danni provocati dal taglio del cordone proprio nell’aura di chi lo aveva subito.  

S&C - Ci sono molte culture che tradizionalmente ricorrono o sono ricorse nel passato a questo tipo di parto, ma esistono dati scientifici a ulteriore sostegno di questa pratica? Quali sono i benefici che se ne possono trarre?

S.H. - Al momento non ci sono delle evidenze scientifiche che ne attestino la validità o i benefici a lungo termine, ossia nella crescita del bambino nato con il Lotus Birth. Del resto non ci sono evidenze scientifiche che dimostrino la necessità di tagliare di routine il cordone ombelicale. Ci sono invece tantissimi studi che dimostrano i danni derivati da un taglio immediato, pratica purtroppo ancora largamente diffusa negli ospedali. Finora, da quello che sappiamo, il Lotus Birth si è sviluppato principalmente in Australia, grazie a Shivam Rachana e negli Stati Uniti e Canada per merito di Jeannine Parvati Baker, soprattutto in nascite avvenute a domicilio o in Centri di Nascita tenuti da ostetriche. In questi casi, quindi, non si può avviare nessuno studio che abbia una valenza scientifica.
È forse solo ora che la nostra associazione si sta occupando di introdurlo nelle strutture pubbliche perché non resti una possibilità fruibile solo da pochi fortunati. Attraverso il percorso delle istituzioni ospedaliere si apre quindi la possibilità per avviare, quando i numeri saranno un po’ maggiori, un vero e proprio studio scientifico. Per il momento abbiamo le testimonianze delle mamme e delle ostetriche che sono già molto significative.  Il Lotus Birth richiede un certo impegno (forse più mentale che reale) nei giorni in cui la placenta è con il bambino, ma ricambia con una serie di vantaggi importanti. Se il cordone resta intatto il bambino riceve una consistente quantità di sangue che altrimenti resterebbe nella placenta: si tratta di un terzo o addirittura del 50% del volume totale che ha prodotto nei nove mesi.
Questo non è sangue in più, ma sangue che la natura ha designato per il buon funzionamento organico del neonato: il sistema cardio-respiratorio richiede una buona dose di sangue per potersi attivare pienamente. Quando il bambino riceve tutto il sangue previsto, accoglie una quantità di ferro che lo preserva dall’anemia per alcuni anni. Riceve anche l’ossigeno, importantissima garanzia di protezione per il cervello. La transizione della nascita che avviene in modo graduale e nel rispetto dei tempi fisiologici del bambino fornisce le basi ottimali per un positivo imprinting di nascita. In questo passaggio dolce è più facile stabilire le basi del futuro legame madre-padre-bambino e il buon successo nell’allattamento al seno. 
La memoria di nascita resta per sempre nel subconscio e il dolce approccio di questo modo di nascere, assicura creature più serene e meno aggressive. Nella transizione graduale del Lotus Birth il corpo energetico del bambino si completa e si rinforza con la presenza della placenta che continua ad inviare i suoi messaggi energetici al neonato. Abbiamo visto pulsazioni nella placenta anche al quinto giorno dopo la nascita. 

S&C - C'è qualche controindicazione al Lotus Birth? Si può utilizzare anche nel caso di parto cesareo?

S.H. - Non abbiamo potuto notare delle controindicazioni specifiche per un LB se non in caso di vere e accertate patologie della placenta. Ma questo è ovvio. E direi che potrebbe essere controindicato anche quando viene vista da parte dei genitori solo come una “tecnica” finalizzata all’ottenimento di vantaggi, senza una vera e propria consapevolezza di ciò che significa la nascita a livello spirituale ed emozionale. Quando il cesareo viene richiesto dalla donna, come a volte succede, per non avere la percezione del parto e svegliarsi con il bimbo già fatto…lo sconsiglierei vivamente! Ma non per il fatto che non si possa fare dopo un cesareo, anzi. Il bambino che nasce da cesareo, o i bambini nati pretermine, sono quelli che ne beneficiano maggiormente per via delle maggiori difficoltà respiratorie che presentano. Ci sono state in Italia due o tre nascite LB in seguito a cesareo.

S&C - Nel mondo della medicina si parla delle applicazioni dal punto di vista delle cellule staminali che è possibile isolare anche dal cordone ombelicale. Qual è la situazione concreta a riguardo del Lotus Birth? Quali le prospettive? Ci sono pericoli di un uso degenerativo di queste pratiche? 

S.H. - Innanzi tutto il Lotus Birth è in antitesi con la raccolta delle cellule staminali che prevede il prelievo del sangue cordonale. È ovvia la riflessione: “Ma se il sangue del cordone è così prezioso, cosa comporta al neonato il venirne privato?”. Cellule staminali o sangue del cordone sono eufemismi per dire sangue del neonato. Il prelievo delle cellule staminali per la raccolta deve essere di 80/100 cc., l’equivalente di un terzo del sangue del neonato e deve avvenire entro i primi 10 secondi dalla nascita. Quindi è esattamente come tagliare il cordone entro 10 secondi invece che consentire la trasfusione al bambino.
Primum non nocére: il nostro dovere è quello di aiutare in ogni modo possibile il bambino che viene al mondo, facendo tutto il nostro meglio… e questo non vuol proprio dire richiedergli di essere un donatore e, tra l’altro, non consenziente! Nel consenso informato che la madre firma viene detto “…sono stata inoltre rassicurata che la raccolta del sangue placentare, dal cordone non comporta alcun rischio per il bambino perché viene effettuata dopo la sua nascita”. Ma è proprio così? Mi chiedo quale madre lascerebbe che qualcuno prelevasse il sangue dal braccio del bambino appena nato, perché è come fosse la stessa cosa... 

S&C - Come esponente di Lotus Birth Italia ci puoi informare su quali sono gli scopi della vostra associazione?

S.H. - Il nostro obiettivo è quello di sensibilizzare le persone sull’importanza del contatto prolungato bambino-placenta. Il Lotus Birth è solo un’ulteriore estensione di questo contatto. Per arrivare a questa consapevolezza è necessario conoscere l’importanza dell’organo placenta, troppo spesso dimenticato, ignorato e comprendere quanto l’imprinting della nascita sia presente nella nostra vita.
Per questo siamo disponibili ad incontrare genitori, ostetriche e  medici per diffondere questo messaggio al quale crediamo profondamente. Da quando è uscito il libro di Shivam Rachana, che abbiamo fatto pubblicare nel 2004, sono nati diversi bambini con questo metodo, anche in ospedale. Il nostro compito consiste anche nell’essere un “ponte di congiunzione” tra il mondo degli addetti ai lavori e i genitori che si rivolgono a noi per consigli, indirizzi, documenti da presentare, avere contatti con altre mamme che hanno fatto l’esperienza e via dicendo.
Ora, alcune istituzioni, su richiesta della coppia, si sono rese disponibili a facilitare questa pratica, inserendolo nel loro protocollo di nascita. E comunque la risposta alla domanda iniziale, ossia qual è la motivazione di base, viene ben espressa dalle parole di Ibu Robin Lim, l’ostetrica di Bali che ha vinto il premio Langer per la pace: «Credo che l’inizio della vita dolce e sano sia il vero fondamento di una vita felice. La pace nel mondo può venir costruita a partire da oggi, un bambino alla volta».

S&C - Come si fa nel concreto a scegliere il Lotus Birth? Quali sono le difficoltà che solitamente si incontrano e come si superano?

S.H. - Spesso, il LB non viene nemmeno scelto… credo sia qualcosa di già presente in molte persone alle quali appare da subito, come la cosa più naturale del mondo. È solo una questione di “riuscire ad andare oltre le abitudini e i condizionamenti”. E questo per quanto riguarda i genitori, le ostetriche o i medici. Questo è quanto cercavo di spiegare prima dicendo che il suo senso non è quello di considerarlo alla stregua di una “tecnica”. 
In genere, quando la scelta è motivata da un impulso di consenso e determinazione interiore, le difficoltà oggettive vengono superate: i condizionamenti della famiglia, le paure di alcuni operatori, gli ostacoli burocratici o i falsi impedimenti giuridici.  Anche l’ostacolo di avere il proprio bimbo ancora collegato alla placenta per qualche giorno, non è allora un vero e proprio ostacolo.
C’è ancora molto da fare per poter rendere la nascita, in tutti i suoi aspetti, più amica del bambino e della mamma. Ma ogni mamma che si interroga trova una risposta importante dentro di sé. Queste risposte sono quelle che creano i cambiamenti. E il Lotus Birth è un profondo e potente cambiamento.

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Susanna Swapana Hinnawi
E’ insegnante di Breathwork e Counseling ICC (Inner Child Codependency) da quindici anni e, dal 2002, si dedica con particolare dedizione alla consapevolezza della nascita, promuovendone l’aspetto educativo e informativo. È referente per l’Italia della nascita Lotus Birth - www.lotusbirth.it


L'articolo è tratto da Scienza e Conoscenza 26.

lunedì 19 novembre 2012

[Chicche di saggezza] Intervista al Prof. Umberto Veronesi


Mangiate poco, bene e vegetariano
Da bambino aveva deciso di diventare vegetariano per amore degli animali. Da grande i suoi studi gli hanno confermato che ciò che si fa per amore di un essere vivente apporta benessere anche agli altri esseri viventi e a tutto il pianeta, perché una dieta vegetariana non solo previene molte malattie tra cui i tumori, ma è anche l'unica sostenibile per l'uomo e l'ambiente. Quel bambino è il professor Umberto Veronesi, oggi uno dei più prestigiosi scienziati a livello internazionale nel campo dell'oncologia, creatore della Fondazione che porta il suo nome e che ha come scopo il progresso della scienza per migliorare la qualità di vita di tutti noi.
Intervista al Prof. Umberto Veronesi

Un buon rapporto con il cibo s'instaura nell'infanzia. Come è stata la sua, sotto questo aspetto?
Sono nato in una grande famiglia di origini agricole, in una cascina in mezzo alla campagna lombarda. Facevamo una vita semplice e naturale. lo e i miei fratelli siamo cresciuti in maniera molto spartana. Il cibo era un premio - e non un mezzo di ricatto psicologico come lo è oggi - e simbolo della convivialità. Il momento del pasto era un momento di gioia e celebrazione dell'unione familiare. Ho molti ricordi piacevoli associati ai pranzi dei giorni di festa. La mia infanzia e adolescenza si sono nutrite dei valori di quel mondo: da bambino raccoglievo il grano e i miei tempi erano scanditi dalle mietiture e dalle semine. Da qui, credo, nasce il mio rapporto strettissimo con la natura e il mio profondo rispetto, direi amore, per le piante e per gli animali. Ho trascorso l'infanzia circondato da vitelli, agnelli, puledri, e tanti animali che consideravo miei amici. Crescendo, il solo pensiero del loro massacro è diventato per me inaccettabile. Un ricordo terribile che non mi ha mai lasciato è quello dell'uccisione dei maiali. Ho ancora nelle orecchie le loro urla quasi umane e negli occhi la violenza della loro morte.
Quando ha individuato il cibo come elemento essenziale per la salute?
Appena ho incominciato a occuparmi di oncologia. All'epoca si iniziavano a ricercare le cause dei tumori nell'ambiente esterno, i cosiddetti agenti cancerogeni, e dai primi dati epidemiologici si capì che l'alimentazione giocava un ruolo importante. Oggi la genetica ci conferma questa tesi: sappiamo che esistono molecole che causano alcuni tumori e altre che ci proteggono.
Quali sono le abitudini alimentari più salutari e che scoraggiano la formazione dei tumori?
Direi soprattutto l'autocontrollo e la moderazione nell'alimentarsi. Tutte le principali civiltà antiche consideravano la frugalità, e spesso anche il digiuno, come mezzi per purificare l'organismo, oltre che forme di ascesi per favorire la riflessione e la concentrazione. Queste indicazioni sono ritenute valide ancora oggi, avvallate da osservazioni scientifiche. Dal punto di vista oncologico è indubbio che mangiare poco, in generale, riduce il rischio di sviluppare un tumore. L'equazione è: meno cibo=meno cancro. Può sembrare semplicistico, ma non lo è. Abbiamo scoperto che il cancro è una malattia causata da un danno provocato al nostro Dna da fattori esterni. E fra questi fattori ci sono certamente molte sostanze che introduciamo attraverso l'alimentazione. Riducendo la quantità globale di cibo non possiamo dunque che ridurre il nostro rischio di avvelenarci.
Ci sono state negli ultimi anni scoperte eclatanti per quanto riguarda la prevenzione?
Ho già citato una scoperta, ed è di tipo epidemiologico. All'inizio degli anni '80, l'Accademia delle Scienze degli Stati Uniti è giunta alla conclusione che, dopo il fumo di tabacco, i fattori dietetici e nutrizionali sono i più rilevanti nello sviluppo dei tumori e all'origine di circa un terzo di tutte le morti per cancro nei Paesi sviluppati. D'altra parte, numerosissimi studi epidemiologici indicavano che alcuni alimenti, come la frutta e la verdura, avevano invece un valore protettivo, e che un'alimentazione adeguata, povera di carne e ricca di alimenti vegetali, può aiutarci a prevenire i tumori. In seguito si è capito che questi cibi contengono antiossidanti che sono in grado di proteggere i nostri geni da mutazioni che trasformano cellule sane in cellule tumorali. Più recentemente è nata - ed è oggi in pieno sviluppo - la nutrigenomica, una nuova disciplina scientifica che si occupa della relazione fra cibo e geni individuali, per comprendere come ciascuno di noi reagisce agli alimenti che consuma e come questi influenzano la comparsa di determinate malattie. Si tratta di spiegare perché certi cibi sono dannosi per un individuo e innocui per altri e viceversa. Sappiamo che la risposta è nei geni, meglio, nella loro interazione con le sostanze che introduciamo nell'organismo. Negli ultimi anni abbiamo scoperto, ad esempio, che alcuni geni, coinvolti nella regolazione dei processi vitali della cellula, si attivano o si disattivano al variare delle calorie che assumiamo, o alla presenza o meno di determinate sostanze nella nostra dieta. L'obiettivo di questo complesso studio è quello di arrivare a consigliare una dieta personalizzata per prevenire il tumore, ma anche utilizzare diete arricchite di determinati composti come nuovo approccio terapeutico.
Possiamo affermare che esiste un 'alimentazione base che previene tutte le malattie?
Per quanto riguarda i tumori dovremmo fare un distinguo, perché alcuni sono direttamente legati al cibo e altri no. Comunque l'alimentazione che migliora il nostro stato di salute, e che quindi in generale contribuisce a proteggere lorganismo dalle malattie, è quella ricca di frutta e verdura, povera di grassi di origine animale e soprattutto frugale. Anche il piacere della buona tavola è importante per la salute.
Possiamo sfatare il mito che le cose buone fanno male?
Non solo possiamo, dobbiamo sfatare questo mito. Quello che bisogna evitare nel cibo sono gli eccessi, e la regola d'oro è la moderazione. Quanto al gusto però ci possiamo sbizzarrire. Se vogliamo, come faccio io, rinunciare alla carne, ci sono infinite combinazioni di sapori con pasta, riso, verdure e spezie, dolci, frutta. Quanto all'ipotesi buono uguale dannoso, basta un esempio per tutti: il cioccolato. E delizioso e non fa male.
L'attività fisica assume sempre più importanza nella prevenzione delle malattie: ci spiega perché?
Perché permette di controllare il peso corporeo. Inoltre, un'attività fisica anche moderata, ma effettuata quotidianamente, migliora il sistema immunitario. Non è ancora del tutto chiaro il meccanismo per cui esercita un'azione anticancro, quindi nessun medico saprà dire quale tipo di esercizio è migliore e quanto sport si deve praticare. Non si sa neanche a che età è meglio cominciare, ma questo vale solo per il cancro: l'attività fisica, infatti, è utile per la prevenzione delle malattie cardiovascolari, per evitare l'osteoporosi e per molte altre cose. Quindi, prima si comincia meglio è.
Quando e perché ha scelto di diventare vegetariano?
Sono vegetariano da sempre, o meglio da quando ho iniziato a scegliere la mia alimentazione. Come ho già accennato, ha influito molto la mia infanzia. Vivendo insieme agli animali, ho preso presto coscienza che i mammiferi sono evoluti, sono intelligenti, ti riconoscono, ti seguono, ti amano, sono nevrotici, sono gelosi, hanno una quantità di comportamenti quasi umani, per cui mi sembrava che facessero parte della nostra famiglia. Da allora il pensiero di macellarli è per me intollerabile. Dedicandomi poi alla ricerca contro il cancro, ho scoperto che il consumo eccessivo di carne, come abbiamo già detto, è all'origine di alcune forme di tumore e di altre malattie, come quelle cardiovascolari. Un ulteriore sostegno alla mia scelta vegetariana viene anche dalla sua maggiore sostenibilità. Ormai sappiamo che la carne è la causa principale dell'ingiustizia alimentare nel mondo, fa sì che metà del pianeta muoia perché per poco cibo e l'altra metà muoia perché ne ha troppo. Infine sono pacifista; da uomo che ha vissuto la guerra in prima persona sono diventato intollerante verso ogni forma di violenza, anche quella perpetrata nei confronti degli animali, che non possono difendersi e far valere le proprie ragioni. La scelta vegetariana è mia personale ed è, come ho detto, di origine filosofica, ma non è nel mio carattere imporre nulla a nessuno con la forza dell'autorità. Ognuno nella mia grande famiglia mangia come vuole. Dei miei sette figli, però, due sono diventati vegetariani.
Intervista al Prof. Umberto Veronesi tratta dalla rivista “Cucina Naturale”, marzo 2012

martedì 13 novembre 2012

[Ricette e Territorio] La salvia, un miracolo della natura


La salvia, un miracolo della natura

Uno studioso disse: «Ma perché si continua a morire, se abbiamo la salvia nell'orto!» Il decotto di salvia è il più importante di tutti i decotti; bisognerebbe berlo per tutta la vita. E' estramamente importante che la salvia provenga da agricoltura biologica e non sia stata trattata in alcun modo! 




Decotto di salvia

Portare ad ebollizione mezzo litro di acqua. Aggiungere 1, massimo 2 cucchiaini da tè di salvia. Occorre lasciarla bollire esattamente 3 minuti, poi togliere dal fuoco. Fuori dal fuoco, se piace, aggiungere dei pizzichi di iperico, menta piperita, melissa, ecc. e lasciare in infusione per altri 10 minuti. Quando la bevanda si è leggermente raffreddata, docificare volendo con del miele. Nella salvia c'è molto olio etereo, che non deve essere bevuto; per questo va bollita esattamente 3 minuti. Dopo questo tempo l'olio non è più attivo, ma si libera un fermento vitale assai importante per tutte le ghiandole, il midollo e i dischi intervertebrali. Si dovrebbe bere salvia ogni giorno, per tutta la vita. Chi ne beve sempre, difficilmente si ammalerà.


Tratto da: "Consigli per la prevenzione e cura di molte malattie" di Rudolf Breuss.

domenica 11 novembre 2012

[Pillole] La società civilizzata


"Before our white brothers arrived to make us civilized men, we didn't have any kind of prison. Because of this, we had no delinquents. Without a prison, there can be no delinquents. We had no locks nor keys and therefore among us there were no thieves. When someone was so poor that he couldn't afford a horse, a tent or a blanket, he would, in that case, receive it all as a gift. We were too uncivilized to give great importance to private property. We didn't know any kind of money and consequently, the value of a human being was not determined by his wealth. We had no written laws laid down, no lawyers, no politicians, therefore we were not able to cheat and swindle one another. We were really in bad shape before the white men arrived and I don't know how to explain how we were able to manage without these fundamental things that (so they tell us) are so necessary for a civilized society. " John (Fire) Lame Deer  Sioux Lakota 1903-1976



"Prima che i nostri fratelli bianchi arrivassero per renderci uomini civilizzati, non avevamo nessun tipo di prigione. Per questo non avevamo delinquenti. Senza una prigione non possono esserci delinquenti. Non avevamo né serrature né chiavi e quindi tra noi non c'erano ladri. Se qualcuno fosse stato così povero da non potersi permettere un cavallo, una tenda o una coperta, tutto ciò gli sarebbe stato donato. Eravamo troppo incivili per dare grande importanza alla proprietà privata. Non conoscevamo alcun tipo di denaro e conseguentemente il valore di un essere umano non era determinato dalla sua ricchezza. Non avevamo leggi scritte, avvocati né politici; quindi non potevamo ingannarci o truffarci. Stavamo proprio male prima che l'uomo bianco arrivasse e non so proprio spiegarmi come potessimo andare avanti senza queste cose così fondamentali (così ci dicono!) e così necessarie per una società civilizzata."  John (Fire) Lame Deer Sioux Lakota 1903-1976

giovedì 8 novembre 2012

[Ricette e Cultura Bio] Ricetta del giorno: Scampi all'arancia con carciofi marinati


Le ricette del Relais

Abbiamo appena pubblicato sul nostro sito alcune delle nostre ricette, adatte a tutti, anche ai celiaci o a coloro che hanno intolleranza al glutine, un distrubo oggi, purtroppo, sempre più frequente. Sono ricette originali e particolari, gustose e soprattutto salutari! Tutte le ricette a questo link: http://www.relaisdelcolle.it/le-nostre-ricette.php





Per una migliore visulaizzazione clicca qui: 
http://www.relaisdelcolle.it/Celiaci-ricetta-scampi-arancia-carciofi.pdf